Negli ultimi anni va tanto di moda far “decluttering” ossia svuotare l’armadio, o casa in generale, tenendo solo l’essenziale o ciò che ha un senso continui ad esserci.

Io lo faccio occasionalmente e l’effetto finale mi piace, mi sento soddisfatta e sollevata.

Stavolta però le cose sono andate al contrario, nella sequenza temporale, e mi hanno dato da pensare.

E’ facile tirar fuori, selezionare e dar via quando non ci sono grandi implicazioni interiori. In altri casi può esserci un blocco e prima di fare qualunque cosa, occorre lavorare su di esso, altrimenti è tutto inutile (magari si ottiene un risultato, ma sarà molto limitato nel tempo).

Nel mese di giugno ho partecipato ad una serata di Stesi dalle Tesi (www.stesidalletesi.it). Mi sono divertita tanto a raccontare la mia tesi di laurea a degli sconosciuti, che hanno reagito con curiosità e interesse. E’ stato un po’ strano, sono rimasta positivamente colpita da tutto ciò, anche perchè erano anni che non parlavo della mia tesi.

L’ho fatta partendo da una mia idea, ho faticato nel trovare una bibliografia che potesse fornirle una solida base teorica iniziale (ho passato settimane in biblioteca dipartimentale a sfogliare volumi cartacei ancora non digitalizzati), ho somministrato test standardizzati e un paio di strumenti creati ad hoc (e testati da me su miei amici-cavie), ho cercato attivamente (e fisicamente) il campione di persone su cui basare la mia ricerca (e a volte le persone mi hanno mollato a metà test) ed alla fine ho trovato incredibili risultati statistici che confermavano la mia ipotesi iniziale.

Dopo la discussione della tesi il professore con cui mi sono laureata mi ha inserito tra i suoi assistenti e mi ha proposto di scrivere un articolo scientifico sul lavoro effettuato e gli straordinari risultati ottenuti. Una figata, eh? Già.

Una grande gioia…a cui è seguita tanta frustrazione perchè di settimana in settimana il mio articolo aveva sempre qualcosa che non andava…mancava la parola giusta, anzi, no, era meglio quella della settimana precedente, era troppo corto, poi no, no, troppo lungo, quindi i colori dei grafici non piacevano al professore… finchè dopo mesi non c’è stata una battuta d’arresto: mi stavo trasferendo in un’altra città e per il professore era troppo “impersonale” continuare a confrontarci via internet sull’articolo. Volendo, potevo lasciargli i miei dati e ci avrebbe pensato lui a pubblicare l’articolo. Ovviamente ho rifiutato questa opzione con immenso disappunto e mi sono dedicata al mio trasloco.

A giugno, dopo Stesi dalle Tesi, alla prima occasione di vacanza nella mia città d’origine, sono salita nella soffitta di mia madre, come presa da un raptus, e dopo ben 17 anni ho fatto una selezione massiva degli ultimi libri di università rimasti e dei vestiti finiti lì nel famoso trasloco dopo la laurea.

Ciò che può essermi ancora utile o a cui sono particolarmente affezionata l’ho tenuto (1 scatola totale su 7 iniziali), il resto è uscito di casa ed andato verso nuovi lidi. Finalmente!

Non è che mia madre in questi 17 anni non mi abbia mai ricordato che c’erano quelle 7 scatole, tutt’altro. Solo…non avevo mai tempo, voglia, energie. Qualcosa in me non riusciva ad andare oltre, era come congelato. Non buttare era un modo per restare ancorata alla mia tesi, al periodo precedente ma anche alla frustrazione sperimentata successivamente.

Parlarne di nuovo, trovare persone interessate mi ha aiutato a mettere le mani in un processo che sotto sotto mi dava ancora dolore e chiudere il cerchio. Ho voltato pagina e sono andata oltre creando spazio fisico, ma soprattutto mentale.

Tornando all’argomento iniziale, la dinamica del disordine e la tendenza ad accumulare, emerge prepotente il concetto di Difesa. Cos’è una difesa in termini psicologici? E’ un prendere le distanze da qualcosa di doloroso per non soffrire oltre. Esistono diversi tipi di difese e non è semplice il nesso che si instaura tra le varie situazioni in cui ci imbattiamo e le strategie che usiamo per uscirne il meno ammaccati possibile. Tutto sommato lasciare degli scatoloni chiusi in soffita, anche se per 17 anni, non ha portato a conseguenze gravi (neanche per mia madre che me li teneva) ed ogni giorno mettiamo in atto comportamenti che mettono qualcosa di difficile gestione in stand-by. Non è un delitto e non è da debosciati farlo.

Però bisogna ricordare una cosa: restare vincolati ad una situazione ci ancora alle emozioni che vi sono collegate, nel bene come nel male (sia quelle positive, sia quelle negative) e ci impedisce di farne emergere di nuove. Semplicemente perchè non c’è spazio per loro, proprio dentro di noi: continuano a distrarci dalla nostra attuale vita e ci impediscono di vivere bene il momento presente, facendoci fare gaffe, errori e perdere occasioni.

Lasciamo che le cose fluiscano, vadano via tenendo solo ciò che c’è di buono, positivo e costruttivo. Io ho tolto dalla mia vita 6 scatoloni di roba di cui non avevo più bisogno da un bel po’, ed è stato bellissimo, liberatorio.

PS. I dati della mia tesi non li ho toccati. Ho ancora tutto il cartaceo e perfino i floppy disk con le elaborazioni statistiche. Al di là del lato affettivo, non si sa mai cosa può capitare quando ricrei dello spazio nella vita. 😉

bibliografia

Anna Freud, L’io e i meccanismi di difesa, editore Martinelli, Firenze, 1967